La definizione di pellegrinaggio indica un “viaggio per”, un andare finalizzato, un tempo che l'individuo stralcia dalla continuità del tessuto ordinario della propria vita (luoghi, rapporti, produzione di reddito), per connettersi al sacro.
Il termine proviene dal latino peregrinus, da per + ager (i campi), dove indicava colui che non abita in città, quindi lo straniero, ovvero qualcuno costretto a condizioni di civilizzazione ridotte.
Il suo uso posteriore invece - il nostro - implica una scelta. Chi parte in pellegrinaggio non si trova ad essere, ma si fa straniero e di questa condizione si assume le fatiche e i rischi, sia interiori che materiali, in vista di vantaggi spirituali - come incontrare il sacro in un luogo lontano, offrire i rischi e i sacrifici materialmente patiti in cambio di una salvezza o di un perdono metafisici - e perché no anche materiali, grazie alle avventure e occasioni che, strada facendo, non possono mancare.
Farsi pellegrino è dunque :
-credere e prendere sul serio un annuncio, ovvero i segni con cui il Signore ci invita o ci chiama ad uscire da una situazione che spesso è di indifferenza, di smarrimento e di solitudine;per andare incontro a Lui, là dove egli si manifesta, vuole farsi riconoscere come Dio e Salvatore, riempire di significato i nostri giorni e la nostra vita;
-mettersi in cammino con decisione, con coraggio e speranza, seguendo la luce della Parola di Dio, "lampada ai nostri passi" come dice la Scrittura. Non è un percorso facile perché spesso si tratta di andare contro corrente, muoversi in un deserto nel quale tracciare e percorrere una strada è difficile. E’ il cammino della “conversione” che Gesù chiede a chi vuole diventare discepolo;un impegno a pensare come pensa Lui,ad amare come ha amato Lui, ad agire come Lui ha agito,cioè come ci insegna il Vangelo;
-incontrare Gesù, il Salvatore, come i pastori nella grotta ed i magi “nella casa”. E’ là che Maria lo mostra e lo dona a tutti cioè dove egli abita. E’ là che essi possono riconoscerlo, accoglierlo e adorarlo. E cosi sperimentare la gioia ed offrirgli i loro doni.
Cos’è il santuario se non questo “luogo santo” in cui Gesù, Figlio di Dio fatto uomo, si manifesta ancora e si dona attraverso le mani di Maria, sua e nostra Madre? Non è per questo che lei lo tiene tra le braccia?
Noi lo accogliamo nella sua Parola e nel suo Corpo, dati per noi; sono questi i “sacramenti ” che consentono di diventare partecipi della vita divina e dunque sua famiglia;
-raccontare l’esperienza. Dei pastori si dice che dopo aver adorato il Bambino e riconosciutolo Signore, “Tornarono glorificando Dio per tutto quello che avevano visto e udito”. L’ incontro oltre ad avergli riempiti di stupore e di gioia, li aveva cambiati. Per questo sentirono il bisogno di dirlo a tutti.1
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1 BRANDOLINI L., Con Maria testimoni di speranza, in "Il Santuario di Canneto. Bollettino illustrato quadrimestrale", 2a serie, 3 (2004), pp. 4-5.